Le nuove raccomandazioni dell'OMS (2018) per un'esperienza di parto positiva
Osservando le statistiche, l’attuale sistema perinatale appare affetto da una forma paradossale di schizofrenia. Da un lato i progressi della medicina e della tecnologia hanno migliorato gli esiti nei parti difficili, dall’altro sono aumentate le complicazioni nelle nascite a basso rischio. La maggioranza dei circa 140 milioni di parti che avvengono globalmente ogni anno riguarda donne sane con gravidanze non complicate, ma la nascita rappresenta un evento critico per molte di loro. Come mai?
Secondo l’indice di Robson, un sistema di classificazione dei cesarei raccomandato dall’OMS, circa la metà dei parti addominali è eseguita su donne con gravidanza a basso rischio. Un fenomeno di tale portata non si spiega con il fatto che il parto sarebbe un evento “potenzialmente patologico”, come si afferma spesso in ambito medico, ma chiama in causa altri fattori, tra cui le modalità dell’assistenza. Con l’avvento del modello biomedico, basato sul concetto di rischio, si è assistito a un progressivo aumento degli interventi nei parti fisiologici. Questa tendenza è stata definita “inflazione ostetrica”. Nel comunicato stampa di presentazione delle nuove raccomandazioni l’OMS ricorda che “…una consistente proporzione di donne incinte in buona salute… durante il parto subisce interventi sistematici non necessari e potenzialmente pericolosi.” Da un lato la difficoltà a individuare la “normalità” del parto determina la costante espansione del dominio della patologia, dall’altro la medicalizzazione influisce sul modo di porsi della donna di fronte al parto, suscitando paure e incoraggiando la delega passiva. Durante il travaglio, l’uso disinvolto di una serie di procedure non prive di rischi interferisce con la capacità innata di mettere al mondo e con l’esperienza materna, dando luogo a complicazioni che nei casi più gravi sono accompagnate da vissuti di violenza, traumi e depressioni. Per questo motivo l’OMS ha deciso di elaborare una serie di raccomandazioni per un’esperienza di parto positiva, definendo un insieme di norme di buona pratica per l’assistenza ai parti fisiologici.
UN NUOVO MODELLO DI SICUREZZA
Secondo la definizione dell’OMS, l’esperienza del parto è positiva quando i valori personali e socioculturali della donna sono rispettati, così come le sue aspettative di partorire un bambino sano in un ambiente sicuro, con il supporto continuo e qualificato di professionisti empatici e in presenza di un accompagnatore/trice di libera scelta. Le nuove linee–guida promuovono un diverso modello di sicurezza, basato sia sulla possibilità d’intervento medico, limitata però ai casi di effettiva necessità, sia sul rispetto dei bisogni fisiologici e psicologici della partoriente, riconosciuto come un fattore protettivo rispetto alle complicazioni del parto. Secondo il ginecologo di fama mondiale Michel Odent, la chiave per ridurre il tasso di medicalizzazione risiede nell’esatta comprensione della fisiologia del parto. Basandosi sulle evidenze scientifiche e sulla propria esperienza, il medico ha dimostrato che il rispetto dei bisogni primari della partoriente – l’intimità, la protezione, l’assenza di stimolazione della neocorteccia – agevola il decorso del travaglio. In particolare, per partorire la donna ha bisogno di un ambiente adatto, caratterizzato da luci soffuse, suoni attutiti, stimoli verbali minimi. Inoltre, è bene evitare la presenza di estranei che osservano o giudicano, ricordando che il parto non è molto diverso da un rapporto sessuale, non solo perché comporta l’attivazione dei medesimi ormoni, ma anche perché è un’ esperienza intima e personale. Nell’essere umano la condizione di protezione, indispensabile per portare a termine il travaglio in tutti i mammiferi, dipende dalla percezione della propria sicurezza sia fisica che psichica. L’esito del parto è influenzato dalla qualità del supporto, che dev’essere continuo, discreto e orientato a mobilitare le risorse della donna, e da un rapporto di fiducia costruito sull’ascolto, sul rispetto dei valori personali e sulla partecipazione alle scelte cliniche. Secondo il nuovo paradigma, l’impatto psichico e fisico delle procedure ostetriche e la soddisfazione materna sono un aspetto dell’efficacia clinica, mentre nel modello biomedico in genere l’esperienza positiva della madre è in competizione con la sicurezza.
COSA RACCOMANDA DI CAMBIARE L’OMS NEI PROTOCOLLI OSPEDALIERI?
L’OMS promuove un’assistenza al parto essenziale e rispettosa, distinguendo tra interventi necessari e non necessari sulla base delle evidenze scientifiche. Le 56 raccomandazioni, di cui 26 nuove e 30 riprese da precedenti linee–guida, sono suddivise secondo le fasi del parto. Nel modello biomedico i parametri per valutare la progressione del travaglio sono rigidamente fissati: secondo un pattern comune, basato generalmente sulle curve elaborate da E. Friedman negli anni Cinquanta e in seguito riviste, un parto è “normale” se la dilatazione avanza di circa 1 cm all’ora. La fase attiva, che nelle primipare a basso rischio inizia intorno ai 4 cm, non dovrebbe durare più di 6 ore. Questo rigido schema, basato sui concetti di efficienza e prevedibilità, è stato paragonato al modello industriale della produzione in serie. Le nuove linee–guida dell’OMS invece riconoscono che ogni partoriente è unica e mettono in discussione il concetto di “normalità” del travaglio. Le raccomandazioni tengono conto sia delle caratteristiche “comuni” sia della singolarità di ogni donna, proponendo una durata indicativa del parto, ma sottolineando anche la variabilità della fisiologia individuale: se la salute della madre e del bambino non è in pericolo, una progressione più lenta di 1 cm all’ora non costituisce un’indicazione all’intervento. Le nuove evidenze confermano quindi le norme di buona pratica già adottate dalle levatrici certificate. Inoltre, uno studio sui parti a domicilio indica che la dilatazione può subire una o più “pause” fisiologiche durante la fase attiva.
L’OMS conferma l’efficacia dell’assistenza continua da parte di una o più levatrici qualificate e di fiducia. Tra le pratiche sconsigliate nei parti fisiologici a basso rischio invece figurano l’astensione da cibi e bevande, l’amniotomia (rottura artificiale del sacco amniotico) precoce o routinaria, l’accelerazione farmacologica precoce o routinaria, il taglio cesareo eseguito prima dei 5 cm di dilatazione, l’episiotomia routinaria o libera, la cardiotocografia continua, il clampaggio immediato del cordone. Nel corso del travaglio le donne devono essere incoraggiate a scegliere liberamente le posizioni, le modalità dell’analgesia, le spinte durante la fase espulsiva. Quando la partoriente opta per l’epidurale, è consigliato lasciare che il corpo riacquisti la sensibilità prima della fase espulsiva. L’OMS raccomanda inoltre le pratiche che promuovono l’attaccamento madre–bambino – contatto “pelle a pelle”, allattamento precoce, rooming–in. Le raccomandazioni contenute nelle nuove linee–guida sono intese come un pacchetto di assistenza che applicato nel suo insieme favorisce la competenza innata della madre.
L’ASSENZA DI PATOLOGIA NON SIGNIFICA BENESSERE
“La madre e il bambino stanno bene”. Nel modello biomedico il successo del parto si misura essenzialmente in termini di mortalità e morbilità perinatali. La frase di rito che accompagna la nascita riguarda in sostanza la vita fisica del bambino e della madre. Secondo il modello sociale della nascita, invece, gli esiti sociali e psicologici sono altrettanto importanti di quelli biologici e la soddisfazione per l’assistenza ricevuta contribuisce a definire il livello di salute. Le nuove risorse mediche e tecnologiche dispiegate nell’assistenza perinatale hanno aumentato la sicurezza nei travagli complicati, ma non hanno migliorato l’esperienza del parto, anzi! Per alcune donne la nascita è un evento difficile, doloroso, traumatico, vissuto in solitudine. I fattori principali del disagio sono la perdita di controllo sulla propria esperienza, la manipolazione intensiva del corpo, gli interventi accettati nel nome della sicurezza ma percepiti come non necessari e una presa a carico che non tiene conto in modo adeguato delle preferenze e dei bisogni individuali delle partorienti. Secondo l’OMS la maggioranza delle donne desidera una nascita fisiologica e ha bisogno di mantenere il controllo sul proprio parto anche quando si rendono necessari degli interventi. Per aiutare le partorienti ad assumere un ruolo attivo le nuove linee–guida consigliano una comunicazione chiara, efficace e non manipolativa. Gli interventi medici devono essere accompagnati da informazioni adeguate che consentano alle donne di compiere delle scelte consapevoli. Secondo diversi studi gli aspetti relazionali e comunicativi hanno un ruolo importante nei processi di salute. Grazie al contributo delle neuroscienze inoltre è stato possibile dimostrare le basi neurofisiologiche dell’effetto placebo, confermando che una buona relazione levatrice–partoriente (o medico–paziente) ha un’efficacia terapeutica. Lo stile comunicativo verticale e direttivo, focalizzato sugli aspetti patologici e sul ruolo passivo del paziente, appare invece frequentemente correlato alle esperienze negative.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA
Uno dei problemi con cui è confrontata la ricerca medica è la difficoltà a trasferire i risultati scientifici nella pratica clinica. La medicina basata sulle prove d’efficacia (EBM, evidence based medicine) ha dimostrato che alcuni interventi ostetrici sono inutili o usati in modo inappropriato, ma fra tutti i campi della medicina l’ostetricia appare affetta da una forma in apparenza incomprensibile di inerzia. L’interventismo medico in ostetricia è stato attribuito a diversi fattori, tra cui la scarsa conoscenza della fisiologia, l’impotenza suscitata dal dolore fisico e psicologico della partoriente, il guadagno e le comodità organizzative. L’amniotomia e l’accelerazione farmacologica sono state definite dei “regolatori dell’attività in sala–parto”, perché sono impiegate principalmente di giorno per avere il parto prima della notte, mentre uno studio svizzero individua un nesso tra i tagli cesarei e le “nascite evitate” durante i weekend.
Per favorire l’implementazione delle nuove linee-guida l’OMS consiglia la riorganizzazione dell’assistenza e la redistribuzione delle risorse. I possibili ostacoli all’attuazione delle raccomandazioni sono da un lato la mancanza di levatrici, di risorse tecniche o infrastrutturali, dall’altro la resistenza al cambiamento, in particolare la difficoltà ad abbandonare protocolli abituali e condivisi a favore di nuove pratiche basate sulle evidenze scientifiche. Il successo dell’implementazione dipende dal contributo di tutti gli attori, da un lato le organizzazioni sanitarie, i/le curanti del settore, dall’altro le donne, le associazioni femminili e dei pazienti. In particolare, l’empowerment femminile attraverso azioni di sensibilizzazione e informazione è ritenuto fondamentale per consentire alle partorienti un accesso consapevole alle cure perinatali.
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