Il futuro dell'ostetricia secondo la nuova pianificazione ospedaliera
DOVE E COME PARTORIREMO IN TICINO? (maggio 2014)
La domanda è d’obbligo e non è di poco conto visti i cambiamenti previsti dalla nuova pianificazione ospedaliera nel campo dell’ostetricia, in particolare la fusione fra la clinica privata Santa Chiara e l’ospedale pubblico La Carità (per un totale di ca. 600 parti all’anno), e fra la maternità dell’ospedale pubblico Civico di Lugano (ca. 500 parti all’anno) e della clinica privata Sant’Anna di Sorengo (ca. 900 parti all’anno). Il progetto prevede una concentrazione nella struttura pubblica a Locarno e in quella privata a Lugano, prospettiva che dovrebbe essere confermata prossimamente dal messaggio che il Consiglio di Stato sottoporrà al Gran Consiglio.
Da un punto di vista medico, soprattutto per le complicazioni e le emergenze, la concentrazione potrebbe anche presentare dei vantaggi, a condizione però che l’ostetricia sia abbinata nella stessa struttura ad un reparto di cure intense e ad un reparto di neonatologia ben attrezzato, e che l’organizzazione interna sia conforme a quella dei grandi ospedali pubblici, con primari e capi clinica qualificati, che sottostanno ad un programma di formazione con aggiornamenti continui, e siano sempre presenti.
PERCHÉ I GENITORI SONO PREOCCUPATI?
La risposta è semplice: perché la maggior parte dei genitori preferirebbe meno cesarei, meno episiotomie e più sostegno all’allattamento, e questo per ora non sappiamo se sarà un obiettivo raggiungibile con i progetti di pianificazione.
Oggi è possibile vivere una buona esperienza di parto in ognuna delle strutture ospedaliere presenti sul territorio ticinese, sia pubblica, sia privata, perché molto dipende dalle scelte della donna, del medico, delle levatrici e anche dalla fortuna. Tuttavia, guardando le statistiche, si scoprono alcune differenze fra le varie maternità, di cui è importante tener conto nei progetti di pianificazione per garantire che le pratiche future siano adeguate ai livelli più elevati già ora raggiunti, ed evitare peggioramenti. Occorre dunque tener conto delle differenze fra le maternità pubbliche e private, sia in certe scelte mediche per il parto, sia nell’assistenza al dopo-parto. Eccone alcune.
Anzitutto la media dei cesarei. Lo rivelano i dati dell’UFSP (Indicatori di qualità degli ospedali per cure acute svizzeri) del 2011 (gli ultimi disponibili) a proposito degli interventi chirurgici.
Il tasso di cesarei del 28,5% nelle maternità EOC era inferiore alla media svizzera (33%) mentre nella clinica Santa Chiara era del 44,6% e nella clinica Sant’Anna era del 41,4%. Secondo l’OMS però: “Non c'è nessuna giustificazione, in nessuna regione geografica, per avere più del 10%-15% di parti cesarei.” Dunque più della metà dei parti cesarei non hanno nessuna giustificazione medica. Cifre preoccupanti se si pensa ai rischi di effetti collaterali, di difficoltà per i parti successivi e di conseguenze per il sistema immunitario del bambino (microbioma), senza parlare dei maggiori costi a carico delle assicurazioni e dello stato, ossia di tutti noi.
Il Dott. Monir Islam (direttore del dipartimento Family Health and Research, dell'OMS) spiega così la differenza fra il tasso di cesarei degli ospedali pubblici e di quelli privati: «Queste operazioni sono programmabili, più brevi rispetto a un travaglio naturale e permettono di ridurre il lavoro di notte e durante il fine settimana. Sono quindi chiaramente più redditizi per gli ospedali privati».
Anche nell’assistenza dopo parto, che è pure molto importante per il benessere e la salute di mamma e bambino, esistono differenze di rilievo, perché solo nelle maternità pubbliche devono essere rispettati per le pazienti di tutte le classi e culture, i requisiti per ottenere la certificazione UNICEF “Ospedale amico del bambino” (v. dettagli nella lettera inviata al Consiglio di Stato) che favoriscono l’immediato attaccamento mamma-bambino, l’allattamento e il rooming-in (il diritto di avere il bebé in camera 24 ore su 24 ,senza supplemento di costo).
Infine anche nei parti vaginali con episiotomia (quel “taglietto” alle parti intime), sussistono alcune differenze: Clinica Santa Chiara 46,7%, Clinica Sant’Anna 27,9% e maternità EOC 31%, contro una media nazionale del 26,4%. Comunque sempre ancora troppi se si considera che l’OMS la ritiene giustificabile solo in un 10% di parti vaginali visto che: “…non esistono evidenze attendibili che dimostrino un effetto benefico della libera o sistematica applicazione dell’episiotomia, ma ci sono chiare evidenze che può causare danni.” (OMS: Safe motherhood, Care in normal birth)
Il secondo obiettivo della nuova pianificazione ospedaliera è quello di risparmiare, ed è ben comprensibile vista l’esplosione dei costi della sanità. Visto che nelle cliniche private il singolo parto (dal più semplice al cesareo) costa di meno che nelle maternità pubbliche EOC si potrebbe immaginare che trasferendo l’ostetricia del Luganese alla clinica Sant Anna ci saranno dei risparmi. Ma forse rischiano di essere vanificati dal maggior numero di interventi medici (v. cesarei e episiotomie). Una tendenza confermata anche da un recente studio pubblicato dal British Medical Journal.
IL PARTO MEDICALIZZATO NON È SEMPRE LA MIGLIOR SOLUZIONE...
Oggi anche in Ticino, almeno il 99% delle future mamme partorisce in una struttura ospedaliera pubblica o privata, perché tutti i futuri genitori mettono giustamente in primo piano la sicurezza. Infatti, un tempo, quando la medicina non era ancora in grado di affrontare con successo i casi a rischio di complicazioni, i parti “naturali”, solitamente a domicilio, potevano a volte risultare pericolosi o persino fatali.
Oggi non è più così, l’ostetricia ha raggiunto livelli molto elevati nella conoscenza della fisiologia e nelle tecniche chirurgiche, ed è in grado di capire quando occorre intervenire e quali sono invece le condizioni necessarie per favorire uno svolgimento naturale e meno doloroso del parto, ovunque avvenga (v. i capitoli dedicati alla fisiologia su questo sito). Grazie a questi progressi, quando non ci sono rischi o complicazioni, il parto può avvenire in sicurezza con il solo aiuto di una levatrice, sia all’ospedale, sia a domicilio o in una casa della nascita, come dimostrano numerosi studi.
Il parto non è una malattia, non si sa quando inizia e nemmeno quanto dura, quindi, contrariamente agli altri interventi medici, non si presta alla programmazione e alla razionalizzazione degli interventi e dell’occupazione delle sale parto o di quelle operatorie.
Inoltre il parto è sempre più sovente descritto e rappresentato (anche nei media) come un evento particolarmente rischioso per il bambino e troppo doloroso per la mamma, che va quindi gestito in forma medicalizzata, quasi fosse sempre un’emergenza. Così, in buona fede, in nome della sicurezza e di una certa razionalità, accade sempre più spesso che si scelga di pianificare il parto, di scatenare il travaglio rompendo le membrane e/o somministrando ormoni sintetici che accelerano il travaglio e provocano contrazioni più forti e dolorose, con il rischio però di innescare alcuni effetti a cascata. L’anestesia epidurale diventa inevitabile, il controllo continuo del feto immobilizza la donna e così il bambino fatica a scendere, le forti e frequenti contrazioni possono aumentare la sofferenza fetale e a volte per finire si pratica l’episiotomia e si usa il forcipe o la ventosa.
Il parto medicalizzato è anche considerato un modo per salvaguardare il parto vaginale a scapito del cesareo, ma anche se rimane vaginale, non è un parto naturale, perché si interferisce con i meccanismi ormonali fisiologici, e si rischia di alterare il vissuto psico-fisico della mamma e del bambino e la percezione della sacralità dell’evento. Da sana protagonista del proprio parto, la donna si trasforma in una paziente che dipende da decisioni mediche, anche quando non sarebbe necessario, con il rischio di perdere la fiducia nelle proprie capacità e di sentirsi sconfitta o persino depressa.
LA PIANIFICAZIONE PUÒ TRASFORMARSI IN UN’OPPORTUNITÀ PER NASCERE BENE E PARTORIRE ANCORA MEGLIO!
“Devo spogliarmi nuda per indossare un camice da paziente. Non posso muovermi, ho un catetere inserito nel braccio, sono attaccata a un apparecchio per il monitoraggio. Il personale sanitario non dimostra empatia. Mi sento un numero. I controlli della dilatazione sono più dolorosi delle contrazioni. Sono invasivi e provo vergogna. È la prima volta che partorisco. A mezzanotte il ginecologo mi da la scelta: prolungare il travaglio fino al mattino oppure un cesareo subito…Mi sottopongo da sana a un intervento di chirurgia maggiore, perdo la mia integrità̀ fisica, mi lascio tagliare, aprire e ricucire la pancia… Mi sento come se avessi subito una violenza.” (estratti dalla testimonianza di una primipara che ha partorito recentemente in Ticino).
Purtroppo, nonostante i grandi miglioramenti nelle sale parto ospedaliere, arredate con vasche, sedie maya, e altre comodità, le esperienze vissute male non sono proprio una rarità. Spesso però sono considerate normali, inevitabili, subite come una fatalità in nome della sicurezza, dimenticando che il parto è un evento per il quale il corpo della donna è biologicamente programmato. Si ignora che è il bambino a scatenare il travaglio quando è pronto per nascere, e che ogni donna (salvo nei casi a rischio) ha il potenziale per partorire con i propri ormoni, compresi quelli per controllare il dolore, purché si trovi però nelle condizioni indispensabili di intimità, silenzio e penombra, rispetto dei propri ritmi e libertà di movimento, di non sentirsi giudicata e osservata, e possa sentirsi al sicuro e protetta con chi la accompagna, tutti presupposti che facilitano il parto fisiologico.
Ed è proprio garantendo anche nelle maternità ticinesi queste condizioni, che la nuova pianificazione ospedaliera potrebbe trasformarsi in un’opportunità. È l’occasione per:
- ripristinare la figura della levatrice aggiunta (sage femme-agrée), che accompagna la donna durante tutto il percorso della maternità, parto compreso.
- creare negli ospedali dei settori per il parto fisiologico, gestiti dalle levatrici, come richiesto dalla petizione lanciata dalla sezione di Berna della Federazione Svizzera delle Levatrici (sostenuta anche dall’ANBT), che in Ticino ha raccolto ben un migliaio di firme.
- riconoscere il ruolo delle doule e del loro sostegno emotivo, affinché possano accompagnare le loro clienti senza restrizioni, in tutte le maternità del cantone.
È infatti dimostrato da numerosi studi che queste misure, già applicate in altri cantoni e in numerosi paesi europei, abbinate a una buona informazione, permettono alla donna di rimanere protagonista del proprio parto e di viverlo bene. Inoltre contribuiscono a ridurre gli interventi medici, i parti cesarei inutili, le episiotomie e le difficoltà nell’allattamento, con grande soddisfazione dei genitori. Lo stesso Osservatorio Svizzero della Salute, in uno studio del 2007 aveva constato i vantaggi e i risparmi di un’ostetricia basata sull’accompagnamento continuo (one-to-one) e sul parto gestiti dalla levatrice di fiducia, preconizzando una riorganizzazione in questo senso.
Dev’essere comunque sempre garantita per la donna la libertà di scegliere dove, come e con chi partorire, e in caso di dolore insopportabile o di pericolo deve sempre poter ricorrere a un intervento medico adeguato. Qualunque sia la sua scelta, va sempre sostenuta!
INTERROGATIVI SENZA RISPOSTA…
Non è compito dell’ANBT intervenire nelle scelte politiche. È però suo dovere sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità politiche e sanitarie che procederanno alla riorganizzazione nel campo dell’ostetricia, su quanto sia importante rispettare la fisiologia del parto per il bene dei bambini, delle mamme, della salute e delle finanze pubbliche.
Per questo motivo l’ANBT il 14 gennaio 2014 ha scritto una lettera alle autorità politiche e sanitarie del cantone chiedendo, a nome dei futuri genitori, concrete garanzie di qualità. Una volta presa conoscenza del messaggio che sarà indirizzato al Gran Consiglio l’ANBT si riserva di rivolgersi anche ai deputati e all’opinione pubblica tramite i media.
Sappiamo che lo scopo della nuova pianificazione ospedaliera, anche nel campo dell’ostetricia, è di migliorare la qualità delle cure e di risparmiare risorse. Nel parto fisiologico c’è un enorme potenziale di prevenzione e di risparmio per la società, perché non promuoverlo? Ci sono validi motivi per farlo!
Nel campo dell’immunologia gli studi mostrano che gli anticorpi della madre (IgG) attraversano la placenta, quindi i microbi familiari alla madre lo sono anche per il bambino.
Quando nasce, è privo di germi e i primi milioni di microbi che incontra, colonizzano in pochi istanti il suo corpo (microbioma). Per questo è importante che il primo contatto del bambino avvenga immediatamente con il corpo della madre, ossia con i microbi per i quali possiede già gli anticorpi. Ma non solo. Il neonato, se è subito accolto sul ventre della madre, ha l’istinto (rooting reflex) di cercare il capezzolo per nutrirsi di colostro (il primo latte materno ricco di anticorpi), in modo che anche la sua flora intestinale sia colonizzata dai microorganismi più idonei. E proprio la flora intestinale costituisce poi l’80% del suo sistema immunitario e rimarrà quasi invariata per tutta la sua vita.
Inoltre, c’è un altro importante vantaggio se il primo contatto del bambino avviene immediatamente con il corpo della madre, sotto l’effetto della potente ed irripetibile scarica ormonale che segue nella prima ora dopo il parto, purché non sia disturbato: si salda l’attaccamento istintivo reciproco (imprinting) e si incentivano le capacità empatiche del futuro adulto: un buon antidoto per i comportamenti antisociali e/o (auto)distruttivi.
Ci chiediamo allora perché il sistema sanitario e le casse malati non favoriscono le condizioni che facilitano i parti fisiologici anche negli ospedali?
Sappiamo tutti che la medicalizzazione della nascita mediante parti cesarei (che come abbiamo visto non sono giustificati da motivi medici per più della metà dei casi e quindi sarebbero spesso evitabili) e altri interventi, provoca costi molto più elevati dei parti fisiologici. Perché allora, se è vero che il sistema sanitario e le casse malati vogliono risparmiare, non favoriscono piuttosto i parti naturali (in ospedale, in case della nascita, a domicilio) e non rivalutano il lavoro delle levatrici che li sanno gestire?