“Se vogliamo raggiungere una vera pace in questo mondo, dovremo incominciare dai bambini.”
Mahatma Gandhi

un bel parto naturale dopo due cesarei

Testimonianze

UN SOGNO DIVENTATO REALTÀ: un bel parto naturale dopo due cesarei

Il nostro progetto di creare una famiglia sta per avverarsi: sono incinta. Io e Tiziano sappiamo con certezza che il nostro bebè sarebbe nato a casa nostra, nel nostro ambiente, in un mondo creato per lui, per accoglierlo serenamente e nell’amore, per permettergli di fare in armonia l’ultimo passaggio d’incarnazione su questo nostro pianeta. Viviamo questa gravidanza come una magia nell’attesa del giorno in cui sarebbe avvenuto il miracolo della nascita.
Dopo qualche ricerca troviamo la levatrice e il ginecologo che ci accompagnano.
Con Iris, l’ostetrica, passo dei momenti intimi e profondi. Sono fiduciosa, anzi per me esiste una sola possibilità: un meraviglioso, facile e veloce parto a domicilio. Racconto a chiunque con molta fierezza e molto orgoglio il nostro progetto di nascita e non permetto a nessuno di intimorirmi con commenti e paure.
A sentire gli altri sembra che partorire sia l’evento più pericoloso nella vita di una donna, invece nella mia visione è tutto così semplice! Dal Cielo arriva questa creatura e tramite la nascita è offerta alla Terra... semplicemente naturale.


Passati i nove mesi, riesco a spostare il termine di una settimana (previsto per il 21 marzo 2008). Sappiamo che sarà una bimba e si chiamerà Silesia. Il tempo scorre oltrepassando la data prevista per il parto; ho qualche contrazione sporadica ma non succede nulla.
Attendiamo, proviamo con i vari metodi naturali per provocare, ma nulla.
Cominciano i monitoraggi, le chiamate, le domande di tutti e inizia a esserci un velo di stress che mi accompagna.

Con il ginecologo sono stata molto chiara, si attende fino a 42 settimane prima di intervenire in qualsiasi modo e continuo a parlare con Silesia, le spiego la sua grande opportunità e le do la mia disponibilità per la sua scelta.
L’ostetrica passa a trovarmi, sono passati dieci giorni dalla data presunta del parto ed ecco la prima brutta notizia; Iris ci annuncia che a questo punto non è più possibile il parto a domicilio con lei perché deve tornare al lavoro nella casa del parto dove è pianificata a tempo parziale. Razionalmente capisco, ma emotivamente sono a pezzi, mi sento abbandonata e non capisco perché la nostra bimba non vuole nascere.
Non mollo, tiro su la mia corazza e vado avanti; mi dico che andrà bene, che sarà un parto ambulatoriale, il tempo che serve per tranquillizzare tutti e poi si torna spediti a casa.

Sono di nuovo convinta e fiduciosa e giunti a 42 settimane andiamo in Clinica per la provocazione.
In macchina mi sento a disagio rispetto alla nascita forzata che sta avvenendo, ma cerco di rimanere positiva e di pensare alla gioia che proverò a breve nell’abbracciare la nostra creatura. L’ostetrica del turno di notte sostiene che qualcosa si sta smuovendo da sé e decide di chiamare il ginecologo, così è rinviata la somministrazione dell’ovulo.
Passo tutta la notte tra camminate, bagni caldi, vocalizzi ed esercizi per stimolare le contrazioni, ma non succede nulla.
Alle 6:00 di mattina mi somministrano l’ovulo. A metà mattina arriva Tiziano e ci trasferiscono in sala parto, dove mi mettono l’infusione di ossitocina e il monitoraggio fisso.
Cominciano le contrazioni, violente e senza pausa ... il pensiero che finalmente conoscerò Silesia mi conforta.

La dilatazione va avanti bene arrivo a 6 cm, penso che ci siamo quasi e le contrazioni diventano sempre più forti.
Ho una bravissima ostetrica che ogni volta che vocalizzo mi sostiene.
Mi propongono l’epidurale per alleviare il mio stato di tensione, non sono molto d’accordo, ma comincio a essere sfinita e mi sembra di essere entrata in un vortice contrario ai miei desideri, alle mie aspettative e alla mia/nostra idea del parto, ma decido di affidarmi. L’ostetrica mi visita e capisco subito dalla sua faccia che le cose non vanno come dovrebbero.
La dilatazione si è fermata da qualche ora, Silesia è in posizione cefalica ma con la testa storta, tutto è fermo ormai è già tardo pomeriggio e non si può più andare avanti. Ci crolla tutto addosso, siamo esausti ed entrambi in preda al pianto.

Il tempo di sistemarmi e siamo in sala operatoria è tutto così assurdo e strano; i monitor, le persone, il freddo, l’attesa. Con l’anestesia spinale non ho la percezione del dolore ma sento tutto, ad un certo punto percepisco la mia pancia svuotarsi e la voce della nostra bambina, una sensazione incredibile.

Sono le 19:00 del 3 aprile 2008.
Me la fanno vedere avvicinandola al mio viso e Tiziano va con lei, gli raccomando di fare lui il bonding. Il tempo in sala operatoria è interminabile, ho tanto freddo e tremo.
Finalmente mi riportano in stanza, c’è mio padre ad attendermi e mi accoglie con una carezza. Tante lacrime affiorano ai miei occhi ma arriva Tiziano con la nostra bimba in braccio, la prendo, la guardo e la annuso, le offro il seno e comincia a succhiare. Mi sento felice, mi sembra che tutto ciò che è successo è stato cancellato da questo istante e m’illudo che tutto va bene.
Dopo questa prima notte comincia la parte veramente difficile.
Silesia è un bebè che piange in continuazione e il suo pianto m’invade, non mi sento accolta dal personale curante e sono stressata dalle innumerevoli visite; comincio ad essere sfinita e così, appena possibile, scappo a casa. Mi rinchiudo in me stessa, non ho più voglia di parlare con nessuno, non chiamo l’ostetrica a domicilio. Non sopporto i commenti sulla mia decisione di un parto a domicilio e sulla realtà dei fatti, ogni volta è una profonda ferita che si allarga.
Non ne posso più della frase: “L’importante è che state tutti bene”. Razionalmente sono felice che siamo entrambe sane, ma nel mio profondo di donna e di madre soffro. Sento di aver fallito nel progetto più importante e sacro della mia vita, sento di aver fallito come madre non essendo riuscita a far nascere questo bebè secondo natura, sono arrabbiata con Silesia per non aver colto l’opportunità di una nascita naturale e rispettosa.
Sono arrabbiata con tutte le donne che scelgono un cesareo, con tutte le donne che scelgono a cuor leggero di provocare la nascita dei propri figli e ce la fanno, con tutte le donne che non danno importanza alla nascita e fanno, ai miei occhi, dei bellissimi parti, con tutte le donne che scelgono l’epidurale perché non vogliono soffrire.

Passo le giornate e le notti a piangere esausta per i pianti continui di Silesia, per doverla portare tutto il tempo e per la mancanza di sonno. Non riesco neanche a pronunciare la parola “parto” e al solo pensiero che qualcuno mi chieda, mi vergogno di dover dire che Silesia è nata con un taglio cesareo.
Fortunatamente posso sfogarmi con Tiziano, con i miei genitori, con quelle due amiche vicine che mi comprendono e sono sostenuta da Daniela con la quale continuo il lavoro su di me.

Quando Silesia ha un anno, nonostante le notti perennemente insonni e le grosse difficoltà che il suo modo di essere ci creano, decidiamo di avere un altro figlio.
La “cicogna” si fa attendere anche questa volta. È luglio 2010 e la situazione con Silesia si è normalizzata, comincia a dormire un po’ meglio la notte e la vita quotidiana con lei inizia a essere vivibile, penso sia il caso di rivalutare questa nostra scelta e di non avere più figli. Fortunatamente un esserino è già nella mia pancia. Un po’ increduli ma felici cominciamo questo nuovo percorso.

È una gravidanza difficile con tante nausee, vomito, stanchezza, mal di schiena e problemi di vene varicose ma soprattutto si riapre la ferita emotiva della nascita di Silesia.
Comincio la mia ricerca determinata a ottenere il tanto desiderato e sognato parto a domicilio, ma purtroppo in Ticino con un precedente taglio cesareo non è possibile.

Il mio sogno si sgretola, svanisce.
Sono arrabbiata e triste e provo ancora quell’enorme senso d’ingiustizia.
Sono al terzo mese di gravidanza e la mia amica Elena partorisce la sua seconda figlia con un parto velocissimo. Sono al telefono con lei e mi racconta il suo vissuto e le sue parole arrivano fino in fondo al cuore, ascolto lasciandomi toccare così capisco empaticamente e finalmente che anche un parto naturale può lasciare delle ferite, può sconvolgere e può segnare in svariati modi la donna che lo vive.
Mi convinco che il parto, in qualunque modo avvenga, è un avvenimento molto profondo e complesso che trasforma la donna nel suo intimo e lascia dei cambiamenti e dei vissuti soggettivi che spesso, nella nostra società, le donne non hanno modo di metabolizzare, di trasformare e di elaborare.

Cambia il mio approccio al mio passato e durante una visita in clinica all’ostetrica rispondo d’impulso “ho partorito Silesia con un taglio cesareo”.
Le mie orecchie sentono questa frase uscita inaspettatamente dalla mia bocca, queste parole scendono fino al cuore raggiungendo la parte più intima. Un sospiro di sollievo affiora dal mio corpo e dentro tutto si rilassa.

Una nuova pace nasce dall’interno.
Al settimo mese il bebè si gira in posizione podalica. Lo sconforto e la tristezza mi assalgono ma cerco di essere positiva e fiduciosa. Il ginecologo non fa nessuna pressione rassicurandomi che fino a termine il bebè si può girare.
Provo quello che mi è possibile per aiutarlo ad assumere la posizione cefalica, m’informo sulla manovra di riavvolgimento, e valuto la possibilità di trasferirmi in un altro cantone se ci fosse un ospedale che mi permette di fare un parto di prova con un bambino podalico.
Dentro di me una voce si fa sentire, resto in contatto con il bebè che è nel mio ventre, lo ascolto e so che se sarà giusto si girerà altrimenti accetterò che sarà un altro cesareo.
Tutte le notti lo sento muoversi e roteare cercando la posizione cefalica, lo incito e gli lascio allo stesso tempo il diritto di scegliere.
Sono a trentasette settimane e 3 giorni e so che oggi devo piantare le primule e preparare la valigia. Sono tranquilla e divertita.
Durante la giornata trovo le mutande leggermente bagnate e penso di essere incontinente a causa del pancione. Qualche contrazione ma niente d’importante.
Durante la serata chiamo in clinica e mi consigliano di andare a fare una visita.
Cerchiamo i miei genitori che sono introvabili fin dopo le 22:00. Così ho tutto il tempo per farmi una lunga e rilassante doccia, prepararmi e aspettare elettrizzata l’arrivo di mia madre. Saltiamo in macchina e ci avviamo febbricitanti e curiosi per la nascita del nostro bebè.
Quando arriviamo in clinica sono ormai le 23.30, durante la visita un piccolo fiume di acqua fuoriesce ed è palese che si sono rotte le acque, un’ecografia rivela che la testa è dove normalmente dovrebbe esserci il culetto così, mi ritrovo in sala operatoria e alle 01:04 del 25 febbraio 2011 nasce Sohara.
C’è un team fantastico, abbiamo riso tutto il tempo e accolto Sohara nella gioia!
Tiziano è andato con la nostra piccola anche questa volta il bonding spetta a lui, mi spiace ma sono al contempo felice che sono insieme.

Appena in stanza eccoli arrivare, anche lei appena appoggiata su di me prende il seno e restiamo noi tre nella nostra bolla magica. La guardiamo tutta la notte sussurrando tra meraviglia e stupore. Il post parto va benissimo, Sohara è un bebè tranquillo mangia e dorme pervadendo la stanza con la sua energia. Scopriamo che aveva il cordone molto corto e molto probabilmente non riusciva a girarsi per questo motivo. Questa notizia mi rassicura e sono felice di essermi ascoltata.

Con l’arrivo della sorellina anche Silesia si è tranquillizzata ed è più serena.
Ho una ripresa super rapida e nel giro di tre giorni siamo a casa.
Nonostante ciò mi rimane quell’amaro in bocca dell’esperienza tanto desiderata e mai provata.

Nel luglio 2012 ho un ritardo del ciclo, un terzo figlio non era previsto, ma la gioia ci pervade e all’arrivo delle mestruazioni siamo entrambi delusi e tristi.
Decidiamo cosi di metterci a disposizione dell’anima che vuole arrivare da noi e a settembre sono incinta. Inizialmente non penso al parto, mi do il diritto di vivere serenamente la gravidanza, non affronto il tema con il ginecologo, non sopporterei un “no” e sono positiva.

Arriva febbraio e con esso cominciano una serie di sogni/incubi durante i quali mi ritrovo continuamente in sala operatoria sottoposta a cesareo per la nascita di questo bambino.
Prendo atto che la mia calma e la mia tranquillità sono apparenti, ma il mio inconscio è preoccupato e chiede aiuto. Faccio qualche sessione con Daniela che m’incita a contattare Anna, un’ostetrica che assiste anche parti a domicilio. Sono riluttante, ho il timore di investire in false speranze. Dopo due giorni sul giornale leggo un articolo sui parti e sul preoccupante aumento del tasso di tagli cesari in Ticino e leggo anche un’intervista ad Anna. Una coincidenza? Io credo nelle coincidenze, questo è un segnale, ma non oso contattarla, troppo forte il timore di ricevere un altro “NO”. Negli stessi giorni conosco Clarissa attiva anche come Doula, m’invita all’assemblea dell’Associazione Nascerebene Ticino, che avviene proprio in quei giorni.

Sento riattivarsi dall’interno quella scintilla, splende e pulsa, così vado all’assemblea, vivo un’emozione grandissima a essere nella stessa sala con così tante altre persone che credono nel potenziale e nell’importanza della nascita naturale. Accanto a me si siedono due splendide donne e penso che partorire assistita da loro debba essere meraviglioso. Durante la serata mi accorgo che sono Anna e Nina, una scossa mi attraversa e sono grata alla vita per questi segnali molto chiari.
Parlo con Anna e ci mettiamo in contatto cominciando così il nostro percorso, decidiamo di fare insieme il travaglio a casa e di spostarci in clinica per la fase espulsiva.

Alla visita del settimo mese mi aspettano nuove prove; il bebè si trova in posizione podalica, so che è ancora presto, ma il timore dell’esperienza passata è in agguato e il ginecologo si dimostra in totale disaccordo con la mia idea di provare un parto naturale. Le nostre opinioni si scontrano e per me è chiaro che non voglio più essere seguita da lui perché la sua modalità ed i suoi toni hanno ferito la mia parte più sacra ed intima. Così devo ripartire da zero. Sono stanca di queste continue difficoltà, ma mi riprendo e mi affido a un’altra ginecologa, la Dr.ssa Leidi a Lugano.

Scopro su face book il gruppo “Innecesareo: prevenzione cesarei inneccessari, supporto VBAC” ed il gruppo “VBAC...partorire naturalmente dopo un cesareo”, conosco così un mondo di donne italiane che si sostengono, che scambiano esperienze ed informazioni che vivono o che hanno vissuto, le stesse situazioni e le stesse emozioni. Una ricca famiglia in rete, donne che non conosco ma che sento vicine, presenti pronte a dare la propria forza ed energia a chi ne ha bisogno. Da questo momento mi accompagnano in quest’avventura.

Alla visita dell’ottavo mese sono un po’ in ansia, sia per la posizione del bebè sia per il “verdetto” che mi aspetta. Ricevo due ottime notizie, bebè in posizione cefalica e dottoressa favorevole, molto chiara e diretta. Le condizioni sono ben precise: un VBAC (Vaginal Birth After Cesarean, parto vaginale dopo cesareo) è possibile se il travaglio procede con regolarità e senza l’utilizzo di medicamenti per cui nessuna stimolazione, nessuna epidurale e nessuna garanzia di riuscita. È tutto perfetto, esattamente quello che cercavo ben cosciente che nella mia situazione ci sono dei termini ben precisi, per me l’importante è poter provare e avere accanto persone che ci credono tanto quanto me/noi.

La gravidanza procede bene, ma a termine non avviene ancora nulla, non oso neanche chiedere quanto tempo possiamo aspettare. Il sabato, a 40 sett e 5 giorni è previsto un monitoraggio in ospedale.
Cominciano le domande, i prognostici e le battute delle persone che ci stanno accanto, fortunatamente in paese la gente sa tutto e ci sostiene. Il venerdì notte mi sveglio verso la 01.30 con una contrazione più forte del solito e poi ancora e ancora, non sono forti ma regolari ogni due minuti, tra incredulità e stupore faccio una doccia e aspetto.
Alle 6:00 decido di chiamare Anna e mia madre e appena possibile partiamo, ci attendono 40 minuti di viaggio.

Siamo elettrizzati e curiosi per questa nuova esperienza che ci attende.
Arriviamo all’ospedale in concomitanza con Anna, mi visita, il collo dell’utero è accorciato pervio al dito e mi propone di fare un bagno caldo nella vasca in sala parto. La ginecologa non c’è ancora, ma sono tranquilla e serena, ha lasciato disposizioni chiare e con noi c’è Anna che mi da sicurezza e tranquillità.
Nell’acqua calda mi sento bene ed entro in uno stato meditativo e percepisco le contrazioni come delle onde, mi piace e mi lascio andare.
Tiziano è qui con me seduto sulla poltrona e legge un libro. Ognuno di noi nel proprio spazio, uno accanto all’altro viviamo questa magia.
All’improvviso la porta si apre di scatto, il rumore brusco mi riporta drasticamente alla realtà, la mia mente si riaccende in stato d’allerta ... “qualcosa non va!”.
Non capisco cosa succede, ma percepisco che nel personale c’è una certa irritazione e difficoltà. Dentro di me tutto s’irrigidisce e si blocca, le contrazioni si fermano, è quasi mezzogiorno.
Passa il pomeriggio con le contrazioni che iniziano e si fermano di continuo. Sono sulle “spine” con il timore che all’improvviso la porta si apra ed entri il medico di turno con la notizia del taglio cesareo.
Mi sento stanca, demoralizzata, a tratti lo sconforto mi pervade e spuntano le lacrime della disperazione.
In serata mi  informano che, non essendoci nessuna dilatazione, non c’è nessuna fretta e mi consigliano di restare la notte per monitorare le contrazioni ed il bebè.
Mi aspettano tre giorni di pretravaglio con le contrazioni che vanno e vengono, il morale che fluttua tra speranza e rassegnazione.

Il lunedì mattina è ricoverata accanto a me una donna con taglio cesareo elettivo a 38 settimane, per sua scelta, per timore di affrontare il parto; mi prende lo sconforto. I suoi parenti esteriorizzano il loro parere sulla mia scelta e continuano a pubblicizzare il taglio cesareo come metodo veloce, sicuro e comodo per partorire. Ma riprendo forza, mi aggrappo al mio coraggio e alla mia fiducia e alla consapevolezza dell’importanza della nascita, rispondo che per me scelgo diversamente, proprio perché il cesareo l’ho vissuto due volte e non condivido la loro opinione.
Affronto la giornata parlando con il mio bebè, gli spiego che può scegliere, ma che la sua scelta potrebbe condizionare la sua vita e il suo modo di vivere. A questo punto sono pronta ad accettare qualsiasi situazione sono stanca, sono quasi arrivata al mio limite e desidero che questa nascita avvenga.

È prevista la stimolazione del collo dell’utero con il palloncino la mattina seguente, offro a noi due ancora questa possibilità.
Il lunedì sera inizia il turno per la notte la levatrice Nina: mi racconta di aver seguito con Anna un corso e hanno parlato con il formatore del mio caso, ricevendo i suggerimenti dei punti da stimolare con la Moxa. Mi chiede se voglio provare. Un po’ alla chetichella ci infiliamo in sala parto e mi pratica questa tecnica.
Sento subito beneficio, un rilassamento profondo in tutto il corpo ed un piacevole calore. Torno in stanza, parlo ancora un po’ con il bebè e provo a dormire.
Sono le 3.30. Mi sveglio con una contrazione, un po’ più forte del solito, ma non chiamo perché quasi non ci credo più e non ho nessuna voglia di fare un tracciato.
Passano 2 ore di contrazioni che cominciano ad essere dolorose ma ogni 10 min così alle 5.30 tra speranza e disperazione chiamo Nina e le chiedo di visitarmi. Ho bisogno di sapere se qualcosa sta avvenendo, di sapere se crederci ancora. Dopo la visita Nina va a controllare la mia cartella per darmi una risposta e in sua assenza una contrazione molto più forte arriva e sento che mi apre a livello pubico, poi subito un’altra ed un’altra ancora.
Al ritorno di Nina mi dice che la dilatazione è iniziata e ci trasferiamo in sala parto, sono felice.
Da questo momento perdo il contatto con la realtà, fa caldo i vestiti m’infastidiscono e così tolgo tutto rimanendo nuda. Urlo, vocalizzo, mi muovo, mi attacco affrontando ogni contrazione e nelle pause rido sono felice: questo passaggio sta avvenendo, sta nascendo il nostro bebè e presto lo potrò abbracciare, vedere ed annusare.
Ad ogni contrazione sento il mio bacino allargarsi e il bebè che scende, il dolore è fortissimo come la forza che mi attraversa. Mi sento un tutt’uno con il cielo e con la terra, il sole entra dalle finestre socchiuse, mi riscalda il cuore come la luce alla fine di un tunnel buio. La vita fuori si sta risvegliando e quella al mio interno sta nascendo, è tutto così magico ed in questo processo sono accompagnata da Nina, presenza fantastica che agisce senza parlare facendo sempre ciò che è giusto. Poi arriva Anna la accolgo ridendo, felice ed inebriata da questa meravigliosa situazione, anche lei è perfettamente in sintonia con me, con noi, preziosa presenza silenziosa e al contempo forte.
Il bebè sta scendendo, lo sento e nel frattempo arriva anche la dr.ssa Leidi.
Ora siamo tutte e tre in questa piccola stanza, ho scelto la sala parto più piccola con lettino e sedia maya, mi sento contenuta e protetta.

Mi comunicano che Tiziano è fermo in colonna per un incidente, non fa niente, sono assorbita da questa esperienza, mi sento in un mondo parallelo tutto nostro, mio e del bebè.
Devo spingere, non riesco perché il dolore è fortissimo e mi attraversa violentemente. La dr.ssa Leidi mi spiega come fare con voce calma e profonda, capisco al volo e cominciano le spinte. Brucia terribilmente e sento la testa scendere. Arriva Tiziano si mette accanto a me, mi accarezza, mi bacia sento tutta la nostra emozione e continuano le spinte. Ad un certo punto mi consigliano di respirare e fare pausa e nella frazione di un millesimo di secondo penso che se mi fermo ora non riesco più ad andare avanti. Respiro profondamente, raccolgo tutte le mie forze e spingo, spingo fino a quando sento che la magia sta avvenendo, sta uscendo la testa e vedo il nostro bebè li davanti a noi in mezzo alle mie gambe. Eccolo, mi colpisce la testa enorme, non mi sembra vero, non mi sembra possibile che sia uscito da me.

Lo prendo sul mio petto, è un bimbo, è Sael, sono le 08:50 del 18 giugno 2013.
Rido fortissimo. Non riesco a smettere di ridere e piango dalla gioia continuando a ripetere che ce l’ho fatta, ce l’abbiamo fatta.
È qui sul mio petto mentre tutti si occupano di me, non m’interessa cosa fanno sono avvolta da questa nostra magia e posso solo ridere. Ogni volta che rivivo questo momento nei miei ricordi percepisco la sensazione di fuori tempo, il vissuto di un’esperienza parallela alla vita reale. La forza che ho provato durante questo passaggio e la connessione con il cielo e la terra sono il regalo che la vita mi ha offerto.
Ora mi sento completa e serena in questo circuito che inizia dall’amore per un uomo, dal concepimento, poi passa attraverso la gravidanza e si conclude con il parto, con la nascita che, per me, è l’atto di amare la vita stessa, dando il via ad un circuito più grande ancora, la vita su questo pianeta di un nuovo essere venuto a portare la sua storia.

Benvenuto Sael!

Ringrazio me stessa, Tiziano e i nostri figli Silesia, Sohara e Sael per l’esperienza fantastica.
I miei genitori e la mia nonna per la loro presenza infinita e amorevole.
Daniela per tutto il lavoro fatto con me e per la sua vicinanza.
Manuela ed Elena per avermi ascoltata ripetutamente, per la loro onestà e per la loro presenza. Romina per aver condiviso i vissuti di due cesarei fin nel profondo. Franco che con un NO mi ha fatto crescere trovando il meglio.
Anna, Nina e la Dr.ssa Leidi perché credono che il parto naturale sia possibile anche dopo due cesarei e per avermi accompagnata in questa esperienza.
Clarissa per aver, tramite il nostro incontro, riacceso la mia scintilla.
Il gruppo di face book “VBAC ... partorire naturalmente dopo un cesareo”, meravigliose donne che condividono un profondo desiderio ed il gruppo “Innecesareo: prevenzione cesarei innecessari, supporto VBAC".
Tutte le persone che in qualsiasi modo hanno partecipato a tutto questo processo.


Ringrazio la Vita per la sua infinita generosità in tutte le esperienze che mi offre.

Fabienne